Referendum: Un bene per madri e nascituri


Di Carlo Luigi Caimi



Il Parlamento svizzero, approvando la brutale soluzione dei termini senza consulenza obbligatoria, ha deciso di chiudere la porta ad ogni ipotesi di protezione moderna del bambino non ancora nato, rispettosa dei suoi diritti e di quelli della donna incinta, attuata anche tramite misure di prevenzione, di aiuto e di consulenza.

Motivi prettamente politici — significativo come i singoli partiti, in particolare il PLR, abbiano votato a favore o contro la nuova legge in modo compatto e senza tollerare punti di vista divergenti dalle parole d’ordine date dai rispettivi responsabili — e pseudo-argomentazioni etiche — ipocrita e squalificante il semplice l’obbligo fatto dal legislatore alla gestante di far valere in forma scritta uno stato di angustia per ottenere automaticamente l’aborto — hanno fatto mettere da parte uno dei fondamenti principali del nostro Stato di diritto, ancorato nella Costituzione federale: quello di un’ampia ed efficace protezione della vita umana, anche del nascituro. La soluzione dei termini, approvata dal Parlamento, introduce il principio dell’autodeterminazione della donna e nega completamente il diritto alla vita del nascituro. Permette, infatti, di abortire senza dover comprovare minimamente uno stato di necessità, stabilendo unicamente l’obbligo per il medico che esegue l’aborto di informare sui rischi dell’ intervento e sulle possibili alternative.

Del bambino non ancora nato e dei suoi diritti — non solo dal punto di vista penale — non vi è più traccia. 

 

In occasione della votazione finale del 23 marzo 2001 il Consiglio degli Stati si è spaccato a metà: 22 voti favorevoli provenienti da liberali-radicali, socialisti e da un esponente UDC da un lato, 20 contrari espressi dai senatori PPD e dal resto dei democentristi dall’altro, mentre 2 senatori PLR della Svizzera centrale si sono astenuti; più netto è stato il risultato al Consiglio nazionale: 107 sì, 69 no e 9 astenuti. Le astensioni sono venute da deputati PPD e PLR. Tra i ticinesi, contrari Filippo Lombardi agli Stati, Chiara Simoneschi, Meinrado Robbiani e Flavio Maspoli al Nazionale, mentre tutti gli altri, ad eccezione dell’assente Giuliano Bignasca, si sono espressi a favore.

 

L’Associazione «Sì alla Vita» si opporrà fermamente — come ha sempre fatto coerentemente già in passato — a questa riforma legislativa indegna del nostro Stato di diritto.

Insieme a tutte le persone ed organizzazioni alle quali sta a cuore il bene dei nascituri e delle loro madri ha quindi lanciato il referendum contro la soluzione dei termini.

 

 

 

Dai Vescovi Svizzeri: Sì alla vita umana, Sì al referendum!


Di Cristina Vonzun



 

n questi giorni è in corso la raccolta firme proposta da varie organizzazioni e partiti, con l‘intento di lanciare un referendum contro la cosidetta „soluzione dei termini“ votata lo scorso mese di marzo dal parlamento svizzero. Di seguito pubblichiamo la dichiarazione pubblica dei nostri Vescovi dello scorso 26 aprile, in una nostra traduzione dal francese e la lettera a cui fa riferimento, inviata a suo tempo nel settembre del 1997 all‘ufficio federale della giustizia a Berna.

“In occasione delle loro giornate di studio che si sono svolte il 25 ed il 26 aprile 2001 a St. Niklausen (OW), i vescovi svizzeri hanno adottato la seguente dichiarazione:

La Conferenza episcopertine/copale svizzera (CVS) sostiene il referendum contro la soluzione dei termini. Essa sottolinea che la vita umana è intangibile. La CVS ribadisce il suo appello ad un rafforzamento dell‘aiuto verso le donne che si trovano in situazione di emergenza in ragione di una gravidanza, così come una politica famigliare conseguente.

La CVS accoglie con piacere che differenti partiti e associazioni abbiano lanciato un referendum contro la soluzione dei termini, disposizione adottata recentemente dal parlamento federale. Contrariamente alla sua abitudine di non pronunciarsi su referendum in corso, la CVS prende oggi parola, poiché la protezione della vita umana è una questione etica fondamentale, di una importanza estrema, e perché il rifiuto della soluzione dei termini apre la via a delle soluzioni migliori.

La CVS considera suo dovere elevare chiaramente la voce per la salvaguardia della dignità inalienabile della vita umana. Per i vescovi, il carattere intangibile della persona umana va dal momento del concepimento fino a quello della morte. „Tu non ucciderai“: la vita intera è un dono di Dio; non si può dunque disporne a proprio modo.

I Vescovi chiedono – con la stessa chiarezza – che di nuovo siano trovate nuove vie  e che sia offerto l‘aiuto necessario a donne in situazione difficile. In questo senso, la CVS si impegna di nuovo in favore di una politica che riguarda l‘interesse del bambino e la promozione della famiglia“.

A questo punto, la dichiarazione della CVS fa riferimento alla presa di posizione della medesima Conferenza episcopertine/copale sull‘avanprogetto di modifica del codice penale a riguardo dell’aborto, inviata nel settembre 1997 all‘ufficio federale di Giustizia, a Berna.

Quali sono i passi rilevanti di questo testo?  Sono tre i punti di maggior interesse che vi riportiamo:

 

1. Nessun modello di soluzione dei termini è accettabile, ancor più se attraverso una tale legislazione la pressione sulle donne in vista di una interruzione della gravidanza rischia di aumentare. E‘ da temere che donne, che si trovano in una situazione materiale e personale difficile, si sentano spinte da chi le circonda ad accettare l‘aborto. Oltre questo, le nuove possibilità mediche e le diagnosi prenatali aumentano ancor più la pressione sulle donne in vista di una interruzione della gravidanza, quando quest‘ultima presenta delle difficoltà. Allo stesso modo le donne, che mettono al mondo un bambino portatore di handicap potrebbero vedersi nell‘obbligo di doversi giustificare, dal fatto stesso che avrebbero potuto abortire senza conseguenze giuridiche. Tutte queste ragioni ci conducono ad affermare che una soluzione dei termini non contribuirebbe a promuovere la libertà decisionale della donna.

Per finire la CVS teme che una soluzione dei termini metta ancor più in pericolo la posizione delle persone portatrici di handicap nella nostra società.

 

2. Il diritto dello Stato è diritto di proteggere la vita umana, in particolare la vita del nascituro, che non è in grado di difendersi da sé. E‘ pertanto inaccettabile di sottrarre quest‘ultimo, durante un primo periodo della gravidanza da tutte le protezioni giuridiche. Lo Stato di diritto ha il dovere di proteggere la vita. Al fine di ridurre il numero di interruzioni di gravidanza e d‘assicurare una protezione ottimale alla vita nascente, è indispensabile riformare tutti i campi del diritto. Parecchie ricerche dimostrano che la cifra delle interruzioni di gravidanza realmente effettuate è  in legame diretto con la politica sociale e particolarmente famigliare, di un dato paese.

Per proteggere efficacemente la vita che deve nascere, la CVS augura che siano prese in Svizzera, nel tempo più breve, le seguenti misure ( ndr. siamo nel 1997):

 

- Un‘assicurazione maternità.

- Un diritto di lavoro adatto alle famiglie. 

- Un numero sufficiente di asili. 

- Degli alloggi adatti ai bisogni delle famiglie. 

- Degli aiuti finanziari concreti.  

- Un‘educazione e informazione sessuale in vista di una paternità e maternità responsabili. 

- Una consulenza etica che miri all‘accettazione e all‘accoglienza del nascituro.

 

3.  Il diritto penale, che protegge la vita nascente, non può essere abbandonato. Tuttavia l‘esperienza mostra che quest‘ultimo, da solo, non è sufficiente. Questo è il motivo per cui la CVS è convinta che una nuova legislazione deve essere elaborata al più presto tenendo presenti le iniziative sociali menzionate sopra.

 

Dopo questo riferimento alla lettera della CVS a Berna, nel 1997, la CVS fa riferimento al suo documento di nove tesi, recentemente redatto, nelle quali si riprendono le questioni etiche e le implicazioni socio politiche di cui occorre tener presente a proposito dell‘interruzione della gravidanza. Le nove tesi spaziano dalla situazione della Chiesa in confronto con questa problematica ed in rapporto allo Stato, ad una presentazione dei capisaldi biblici, patristici e magisteriali, ad un‘analisi a partire dal punto di vista della scienza dello sviluppo dell‘embrione, allo statuto morale dell‘embrione, ad uno sguardo etico, ad alcune considerazioni riguardo a chi professionalmente è coinvolto con la vita e alla dimensione del rapporto tra politica e famiglia.